“Amunì” Il Denina Pellico Rivoira in carcere

Giovedì 30 novembre  un gruppo di detenuti del Carcere “Morandi” di Saluzzo, davanti ad una platea di studenti delle classi quarte e quinte delle sezioni Denina e Rivoira, ha messo in scena lo spettacolo Amunì. Commenta la prof. Ricchiardi, una fra i docenti accompagnatori: “L'attesa di  un padre che non arriva mai. Questo il tema principale dello spettacolo Amunì. La scena si apre con   i  quattordici figli maschi, ormai adulti, che aspettano il suo ritorno, dopo anni, per accoglierlo vestiti a festa, con la cravatta, la camicia bianca, quella delle grandi occasioni e con i loro ricordi sbiaditi di un padre che prometteva, ma che non li portava mai al mare!! Il desiderio di rivederlo è tanto e tutti arrivano con un regalo, piccolo o grande, non importa: un pensiero sincero per ricordargli che non l’hanno dimenticato, nonostante il vuoto buio dell’abbandono. Come aspettarsi? Avrà fatto fortuna nei paesi lontani che la madre, forse frivola e un po’ superficiale,  ha voluto solo nominare? Sarebbe arrivato ricco e potente con una rossa Ferrari o forse su un treno Frecciarossa o  con una potente moto rossa? Lui non compare, ma i quattordici figli riescono ancora una volta a fare squadra, una partita di calcio in un quartiere che li ha visti crescere.  Il tema del rapporto con il padre, il filo sottile che unisce un padre al figlio, l’attesa. Silenzioso e attento il pubblico, tanti visi con gli occhi sgranati a seguire le battute dei protagonisti, molte delle quali in dialetto siciliano. Vite a confronto, esperienze da trasmettere a piene mani e nel dibattito finale la voce di un detenuto: “Ragazzi, se anni fa avessi potuto studiare, probabilmente non sarei qui in carcere, lo studio è fondamentale.” E ancora “Se la fidanzata vi lascia, lasciatela andare, si apriranno nuove strade!”. Aggiunge un commento Tommaso, studente della VA: “Questa pieces rappresenta diverse scene dei 14 fratelli che cantano, ballano, giocano e parlano tra di loro, sperando di vedere il loro "babbo" tornare a casa. C'è chi spera che torni, e chi invece no, c'è chi dice che arriverà e chi dice addirittura che è morto, ma, nonostante tutte queste parole, l'arrivo del cosiddetto capofamiglia, rimane un miraggio. Penso che l'impatto di questo spettacolo, recitato da detenuti, sia completamente diverso rispetto a quello di uno spettacolo recitato da attori tradizionali. Ti fa capire veramente l'importanza di un padre che ti prenda e ti porti sulla strada giusta, che ti faccia sbagliare, per poi aiutarti a tornare sul sentiero, che ti insegni a vivere con tutti i suoi anni di esperienza, in un Mondo che ti mette di continuo alla prova, evitando così, di finire come i 14 attori. Abbiamo avuto, in conclusione, l'opportunità di fare delle domande ai detenuti, conoscendo meglio il loro lato personale, i loro sentimenti e ciò che vogliono trasmette ed insegnare tramite questi spettacoli. E che dire... persone uguali a noi”. Spettacolo emozionante voluto ed ideato da Voci Erranti, Associazione di formazione e produzione teatrale: un'occasione per far entrare il mondo esterno in una casa di reclusione. Platea e palcoscenico si fondono nel sentire l’importanza di legami primordiali.