IL 25 APRILE A VERZUOLO
Mentre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella si trovava a Cuneo per commemorare la Liberazione dal nazifascismo avvenuta 78 anni fa, a Verzuolo, nella verde cornice del Parco della Resistenza, si è tenuta una cerimonia a cui hanno partecipato anche alcuni allievi della 5 B e della 4 C del Denina-Pellico-Rivoira, sede Itis (Salah Fathi, Fabio Bianco, Andrea Bruno, Edoardo Feta, Manuel Serre, Agostino Zefi, Zhou ChengHuan con la professoressa Patrizia Isnardi). I presenti hanno ascoltato le riflessioni dei ragazzi e del sindaco GianCarlo Panero, che ha ricordato la guerra in corso in Ucraina e gli ospiti ucraini a Verzuolo, la domanda di libertà in tanti Paesi del mondo, le proteste delle donne iraniane, le spose bambine del Bangladesh, la povertà generata dalle guerre, la necessità di assumere tutti l’impegno a conquistare la pace.
Questo è il testo della poesia condivisa dai ragazzi, scritta da Dino Buzzati, che esprime la gioia per la fine della Seconda Guerra Mondiale. I suoi pensieri parlano di silenzio, di luce, di stelle, risate, abbracci e felicità. E’ quello che ci auguriamo tutti in questo tempo di guerre che ci toccano per fortuna solo indirettamente ma che ci spingono a riflettere sul valore supremo della PACE, garantito in Italia dalla nostra Costituzione.
La poesia è intitolata “25 Aprile”:
Ecco, la guerra è finita.
Si è fatto silenzio sull’Europa.
E sui mari intorno ricominciano di notte a navigare i lumi.
Dal letto dove sono disteso posso finalmente guardare le stelle.
Come siamo felici.
A metà del pranzo la mamma si è messa improvvisamente a piangere per la gioia,
nessuno era più capace di andare avanti a parlare.
Che da stasera la gente ricominci a essere buona?
Spari di gioia per le vie, finestre accese a sterminio, tutti sono diventati pazzi,
ridono, si abbracciano, i più duri tipi dicono strane parole dimenticate.
Felicità su tutto il mondo è pace!
Infatti quante cose orribili passate per sempre.
Non udremo più misteriosi schianti nella notte che gelano il sangue
e al rombo ansimante dei motori le case non saranno mai più così immobili e nere.
Non arriveranno più piccoli biglietti colorati con sentenze fatali,
Non più al davanzale per ore, mesi, anni, aspettando lui che ritorni.
Non più le Moire lanciate sul mondo a prendere uno qua uno là senza preavviso,
e sentirle perennemente nell’aria, notte e dì capricciose tiranne.
Non più, non più, ecco tutto;
Dio come siamo felici.